…Ti trasformo in etero: l’inefficacia delle terapie riparative

E’ possibile trasformare una persona omosessuale in eterosessuale?

Molti psicologi, psicoterapeuti e psichiatri sostengono erroneamente che lo sia. Questi professionisti propongono ai loro clienti/pazienti un approccio terapeutico definito riparativo o di conversione. Si tratta di  un insieme di tecniche indirizzate al riorientamento sessuale del soggetto con l’obiettivo di trasformare un omosessuale in eterosessuale, tentativo non solo infruttuoso e dai dubbi effetti terapeutici, ma deontologicamente avverso all’inoppugnabile principio deontologico del “primum non nocere”.

Questi approcci clinici partano dal presupposto che l’infanzia di un soggetto omosessuale sia stata minata da un trauma o da una genitorialità carente, da cui scaturirebbe una mancanza di virilità nel gay e di femminilità nella lesbica.

Lingiardi (2007) afferma che nonostante i presunti successi dichiarati da questi interventi riparativi, rimane criptico se essi siano rappresentati da una effettiva conversione dell’orientamento sessuale o se, più realisticamente, siano espressione di una dannosa repressione del comportamento omosessuale, conseguita intensificando difese disadattive come la negazione e la dissociazione (Lingiardi, 2007) ovvero la negazione della propria omosessualità da parte del soggetto o il tentativo di dissociarsi e scindere questo aspetto di se stessi dalla propria identità.

Dal punto di vista terapeutico, concordo pienamente con le indicazioni dell’APA e con le linee guida di Lingiardi e Nardelli (2014) sul trattamento di persone con orientamento omosessuale o bisessuale, nel ritenere ogni forma di terapia di conversione antiscientifica e pericolosa. Questi trattamenti sono frutto di un retaggio psicanalitico ormai superato e nascondono dei forti pregiudizi clinici sull’omosessualità, inquadrandola anacronisticamente come una condizione patologica.

Le recenti evidenze empiriche, invece, dimostrano la sostanziale analogia, dal punto di vista dell’adattamento e dell’equilibrio psichico, tra persone omosessuali, bisessuali ed eterosessuali,

In conclusione da terapeuta ritengo più utile le terapie affermative che mirano all’accettazione e alla presa di consapevolezza da parte del gay e della lesbica del proprio orientamento omoerotico.

 

La coppia gay: caratteristiche e difficoltà

Un aspetto che merita considerazione per la sua attuale diffusione è la vita sentimentale degli omosessuali. Sono sempre più numerose le coppie gay che emergono allo scoperto. Tuttavia nel percorso di costruzione della propria identità di coppia, gay e lesbiche devono affrontare problematiche diverse e specifiche, rispetto alle coppie eterosessuali. L’accettazione sociale della coppia rappresenta il maggior ostacolo, ma non l’unico, nel vivere una relazione omosessuale affettivamente appagante.

Nella mia esperienza professionale con gay e lesbiche ho riscontrato che in generale gli omosessuali maschi non si dichiarano soddisfatti della loro vita sentimentale e la motivazione viene indicata nella loro condizione di single e nel non riuscire a trovare il partner adatto.

I gay maschi tendono ad avere un numero molto elevato di partner sessuali. Essi sono più propensi ad agire sessualmente durante il processo del coming out, ossia quando scoprono la loro identità sessuale: per molti maschi l’atto sessuale ha la funzione di accelerare una serie di processi psicologici che solo in un momento successivo saranno portati alla piena consapevolezza. Le donne, invece, sono più portate a rispondere a questa fase di scoperta della propria omosessualità con la riflessione e il ritiro in se stesse. Per le lesbiche, le esperienze omosessuali si sono manifestate come naturale conseguenza della presa di coscienza della propria sessualità, vissuta nel momento in cui è già stata elaborata interiormente.

Le relazioni sentimentali delle lesbiche sono tendenzialmente più durature di quelle dei maschi. Per molti gay, infatti, risulta particolarmente difficile intraprendere una relazione omosessuale che duri più di qualche mese. I gay dichiarano che la motivazioni principale della loro insoddisfazione sentimentale e della difficoltà ad intraprendere una relazione omosessuale duratura, è da ricondursi al proprio carattere ed alla propria incapacità a costruire una stabilità affettiva.

Vi è  una differenza fondamentale tra gay e lesbiche nel tipo di relazioni omosessuali che sviluppano: in accordo ai tradizionali stereotipi sui ruoli sessuali, i maschi tendono a sessualizzare le loro relazioni, ad essere competitivi, autonomi e indipendenti, piuttosto che intimi. Le donne, invece, essendo socializzate per sviluppare ed esprimere l’intimità, presentano maggiori nel gestire la propria autonomia e la propria individualità nel rapporto.

I problemi nelle relazioni tra gay emergano, quindi,  precocemente nel momento in cui due uomini si trovano a dover lottare per sviluppare il senso di essere una coppia e per cercare di contenere la propria tendenza centrifuga verso la competizione e l’indipendenza (Garnets e Kimmel, 1993). Nelle relazioni tra gay, può  esserci una tendenza ad enfatizzare gli aspetti sessuali della relazione, può inoltre instaurarsi tra i due partner una lotta per chi detiene il potere ed un disaccordo sulle modalità in cui avviene l’esternazione delle proprie manifestazione affettive, percepite , a volte, come una minaccia alla propria autonomia. Se i due partner riescono a sviluppare una maggiore capacità di intimità e di cooperazione reciproca, i problemi di autonomia e competitività diminuiscono con il tempo.

Tra le lesbiche, invece,  è più facile che si instauri prima, rispetto alle coppie gay, una relazione basata sulla forza e sulla consapevolezza dell’unione. La sensazione di essere una coppia, per le lesbiche, spesso emerge prontamente e con considerevole vigore. Nelle fasi più avanzate della relazione, possono presentarsi dei problemi se l’autonomia e l’individualità non controbilanciano le spinte verso la dipendenza e la fusione con la partner.

Pertanto la tendenza a sessualizzare le proprie relazioni, i problemi relativi all’indipendenza, all’autonomia, al desiderio di comandare il partner nel rapporto di coppia, il disaccordo sulle modalità in cui avviene l’espressione della propria sessualità ed affettività, possono spiegare l’ incapacità dei gay ad instaurare delle relazioni omosessuali durature. Invece, la forza e la consapevolezza dell’unione, la tendenza alla fusione ed alla simbiosi delle coppie lesbiche, spiega perché le relazioni omosessuali femminili abbiano spesso una considerevole durata e stabilità.

Un’altra motivazione per cui le relazioni lesbiche hanno una durata superiore a quelle gay, è la constatazione del fatto che l’omosessualità femminile venga socialmente più accettata e meno discriminata rispetto all’omosessualità maschile: la società consente alle donne una più ampia flessibilità nelle interazioni comportamentali ed emozionali con altre donne. Gli uomini, al contrario, vengono limitati nei loro contatti interpersonali con altri maschi dai ristretti modelli di espressione emotiva prescritti dalla società.

In conclusione sono molteplici i fattori di minaccia nella stabilità di una coppia gay, ma ciò non vuol assolutamente indicare che i gay siano incapaci di stabilire relazioni affettive durature ed appaganti. Per raggiungere questo importante traguardo esistenziale essi devono innanzitutto elaborare i propri conflitti interiori relativi all’eccessivo bisogno di autonomia e di indipendenza nella coppia ed essere capaci di scendere a compromessi con il proprio partner, negoziando continuamente gli spazi  e le libertà di ciascuno nella relazione.  La capacità di superare la sensazione interiore di intrusione ed invasione della propria intimità quando il partner tenta di instaurare una relazione più profonda e vincolante, unita alla ferrea volontà di lottare contro i pregiudizi sociali, rappresentano la condizione essenziale per la stabilità e la riuscita della coppia gay.