La cultura della pornografia

 

La società attuale, sempre più superficiale e volgare, esibisce ovunque una miriade di immagini sessuali e l‘edonismo erotico è stato innalzato a evento ludico e esibizionistico, deprivato del genuino desiderio per l’altro. La comunicazione digitale ha esaltato l’esibizione pornografica dell’intimità e questo fattore è responsabile di una cultura fallocentrica e sessista che porta a denigrare e strumentalizzare i corpi delle donne. Molti uomini hanno interiorizzato delle idee distorte rispetto alla sessualità, quali il mantenere le distanze dalla partner, considerarla un oggetto, utilizzarla per il proprio piacere, porre l’enfasi sul fallo e sul raggiungimento e mantenimento dell’erezione il più a lungo possibile. Questo fa sì che i giovani pretendano che le partner facciano sesso come le protagoniste dei loro porno preferiti, perdendo contemporaneamente interesse per il sesso che consumano, senza complicazioni e in solitudine, davanti ad uno schermo. E’ una cultura edonistica della volgarità a sé stante -come afferma Telfner (2018)- che induce le donne a compiacere l’eros maschile, sollecitato dall’uso smodato della pornografia. Il femminismo ancora non è riuscito a contrastare questi riprovevoli messaggi sociali, causa di sessismo e violenza. Sono aumentati i delitti d’onore, gli stupri e i femminicidi e questo accade anche nei paesi occidentali che si considerano civilmente più progrediti: solo in Italia, nell’ultimo anno, secondo il rapporto di Eures del 2017, una donna viene uccisa ogni 60 ore ed il numero delle vittime, dal 2000 ad oggi, ammonta a 3000 donne. Probabilmente il limite maggiore di tutte le filosofie femministe sta proprio nel non aver preso sufficientemente in considerazione la genesi di queste concezioni e di guardare all’uomo come essere ignobile, nemico da combattere e non come individuo succube anch’egli di una società che gli inocula pensieri disfunzionali. Gli uomini sono sempre stati accuditi ed educati da donne e probabilmente le madri hanno trasmesso inconsciamente ai figli maschi una svalutazione dell’identità femminile che si perpetua nelle generazioni, come una sorta di archetipo junghiano e di condanna sociale. Forse il nuovo femminismo dovrebbe analizzare maggiormente la relazione madre –figlio, individuando quei fattori che portano l’uomo a sviluppare idee negative sulle donne e attraverso quali messaggi educativi alternativi si potrebbe contrastare questo effetto avverso. Le donne ancora non hanno evidentemente sviluppato consapevolezza di sé, mostrando identità fragili ed insicure che le espongono al rischio di incontrare partner abusanti e narcisisti che finiscono per perpetrare loro violenza domestica. Successivamente trasmettono inconsapevolmente ai loro figli l’idea che sia lecito essere maltrattate e umiliate in quanto esseri inferiori. Il nuovo femminismo dovrebbe puntare e sviluppare interventi volti a promuovere il benessere femminile, la consapevolezza del proprio potere e delle proprie capacità e risorse, perché solo grazie a questa rinnovata presa di coscienza le donne potranno raggiungere la piena autorealizzazione personale in tutti gli ambiti esistenziali.

Amore e idealizzazione

Innamorarsi è un evento meraviglioso, caratterizzato da sensazioni ed emozioni che pervadono l’anima, inebriandola di felicità e profondendola di immensa gioia.

In realtà nel processo di innamoramento subentrano dei meccanismi psicologici interni che fanno sì che ci si innamori più dell’immagine interna o rappresentazione mentale che ci formiamo del partner e della relazione, che non della persona reale.

Il primo processo che entra in gioco nella fase dell’innamoramento è la proiezione: tendiamo a trasferire, proiettandole sul partner, caratteristiche, sentimenti, impulsi e pensieri che appartengono solo a noi stessi. Si possono proiettare sull’altro sia aspetti positivi che negativi di noi stessi, ma nella prima fase di innamoramento si tenderà naturalmente a proiettare i primi. Così può succedere che se noi ci riteniamo persone sensibili, al partner verrà attribuita, acriticamente ed irrazionalmente, questa caratteristica di sensibilità interiore che magari egli è ben lungi dal possedere.

Sempre per il meccanismo di proiezione, può succedere che il provare interesse verso una persona ci faccia credere erroneamente che sia l’altro ad essere interessato a noi . Questo avviene perché abbiamo proiettato sull’altro i nostri sentimenti interni, di trasporto e coinvolgimento, aspettandoci di essere corrisposti. D’altronde sarebbe difficile ammettere a se stessi che l’altro non sia interessato a noi:  la sola idea di un eventuale rifiuto intaccherebbe la nostra autostima. A livello inconscio, l’essere umano cerca di proteggere il suo senso di sicurezza interiore da ogni attacco potenziale alla sua autostima attraverso delle difese psichiche. Conseguentemente, proprio a causa della proiezione, interpretiamo i messaggi verbali e non verbali dell’altro come evidenti- ma illusorie- manifestazioni del suo interesse nei nostri confronti.

Nell’innamoramento subentra un altro meccanismo: l’idealizzazione. Se non si verifica l’idealizzazione  del partner non ci si sente innamorati. Ma vediamo più in dettaglio di cosa si tratta.

Tutti noi abbiamo internamente un’immagine interiore di perfezione, bellezza e  armonia mitizzati. Questa immagine interna definita come “ideale dell’Io”, contempla l’idea esaltata di come vorremmo essere e contribuisce alla stima, sicurezza e fiducia che riponiamo in noi stessi. ,.

Sigmund Freud con  «ideale dell’Io» nel 1914 (in Introduzione al narcisismo) allude all’illusione della perfezione narcisistica della prima infanzia. Nel bambino l’onnipotenza rappresenta una normale fase evolutiva: egli pensa di essere unico, speciale e di essere in possesso di poteri straordinari  che gli consentono di realizzare qualsiasi cosa. Quando il bambino si rende conto di non essere in grado di corrispondere a tale modello di perfezione, tenta di riconquistarlo come ideale: «Ciò che egli proietta davanti a lui come ideale è il sostituto per il perduto narcisismo della sua infanzia in cui egli era il suo ideale». L’ideale dell’Io si forma quando il bambino è costretto, dalle frustrazioni dell’ambiente, ad abbandonare il proprio originario senso di  onnipotenza che  successivamente proietta sui genitori. L’ideale dell’io si viene a plasmare attraverso le dinamiche relazionali tra il  bambino ed i suoi genitori, in una complessa trama di identificazioni e rispecchiamenti reciproci.

In età adulta, se la persona si distacca dal modello interno del proprio ideale dell’Io, sperimenterà vergogna ed umiliazione.

Nella formazione dell’ideale dell’Io una grossa influenza l’hanno assunta le aspirazioni e le aspettative che le figure genitoriali hanno riposto su di  noi. Ad esempio, se per un padre è stato molto importante che la figlia fosse autonoma ed indipendente, l’ideale dell’Io della figlia sarà basato sull’equazione interna che per raggiungere la perfezione e stimarsi, sia indispensabile acquisire autonomia ed indipendenza, pena un profondo senso di disistima e di sfiducia nelle proprie capacità. Questa figlia potrebbe innamorarsi di un uomo che le rimandi, in una rete di rispecchiamenti e identificazioni reciproche, questa idea di autonomia e indipendenza.

Non solo le aspirazioni genitoriali, ma anche gli aspetti idealizzati del padre e della madre hanno contribuito alla costituzione dell’Ideale dell’Io. I bambini, infatti, sopravvalutano le caratteristiche dei propri genitori considerando, ad esempio,  il proprio padre come il più forte del mondo e la propria madre come la più bella. Anche queste idee di forza e bellezza, attribuite ai genitori, entreranno a far parte dell’ideale dell’Io .

Cosa avviene quando ci innamoriamo? Nel processo dell’innamoramento, il partner viene situato al posto di un proprio inaccessibile ideale dell’Io e, conseguentemente,  viene  amato per le caratteristiche di perfezione che noi ambiamo perseguire, più che per le sue reali qualità. Il partner viene irrazionalmente  considerato quasi come una divinità , ciò che di più magnifico esiste, mentre il soggetto innamorato viene depauperato e reso inferiore di fronte a questa entità suprema.

Il partner su cui riversiamo -attraverso la proiezione- sentimenti , impulsi, pensieri e caratteristiche che appartengono solo a noi, si colloca al posto dell’ideale dell’io. Proprio come da piccoli ritenevamo eccezionali e speciali dapprima noi stessi e successivamente i nostri genitori, ora è il partner ad essere idealizzato e investito di caratteristiche sopravvalutate, di  bellezza e perfezione assolute, che egli nella realtà non possiede. Nel processo di idealizzazione ci innamoriamo anche dell’ immagine interna che l’altro ci rimanda. Ci sentiamo attraenti, o bisognosi, o speciali, perché questa è la rappresentazione mentale, voluta e idealizzata, che desideriamo l’altro possegga di noi. E’di questa fantasia di relazione perfetta ed agognata che ci innamoriamo, rappresentazione immaginaria in cui l’altro è eccezionale e noi siamo straordinari perché in relazione con questo essere divino che ci rimanda, a sua volta,  l’immagine idealizzata di noi stessi.

L’ idealizzazione del partner è un processo normale nell’innamoramento ma, mentre nelle persone mature ed evolute psicologicamente, gli aspetti idealizzati del partner non si discostano troppo dalle sue caratteristiche reali, nelle persone con problematiche affettive e relazionali l’idealizzazione del partner è chimerica ed utopistica e molto lontana dalle qualità reali che l’altro possiede. Così avverrà che terminata la fase “acuta dell’innamoramento”- ed è fisiologico che questa avvenga in un rapporto affettivo- la persona sana proverà ancora coinvolgimento e interesse per il compagno perché l’idealizzazione non si è basata su aspettative totalmente irrealistiche e prive di fondamento. Mentre nella persona affettivamente e sentimentalmente immatura, conclusa la fase di intenso coinvolgimento che contraddistingue l’innamoramento, entrerà in gioco un altro meccanismo, complementare ed antitetico  rispetto all’idealizzazione: la svalutazione. Quest’ultima è una difesa psichica tipica dei disturbi borderline e narcisistico ed è caratterizzata dalla degradazione, dallo svilimento ed umiliazione dell’altro. Nel momento in cui le aspettative riposte nel partner si scontrano con una realtà deludente ed insoddisfacente,  l’altro viene sminuito nel suo valore, non solo a livello intrapsichico e interiore,  ma spesso anche attraverso comportamenti manifesti di offese e denigrazioni verso il compagno, volti, contemporaneamente, a sminuire l’altro e ed esaltare il soggetto. Più l’idealizzazione è stata preponderante e illusoria nella fase dell’innamoramento, maggiore sarà la svalutazione. L’esito di questo processo consiste solitamente in una fine ingloriosa e conflittuale della relazione stessa. Anzi, il soggetto proverà astio e rancore nei confronti del compagno, visto alla stregua di un persona spregevole.  Il soggetto si sentirà tradito nelle aspettative che l’altro non ha realizzato e corrisposto. In realtà l’altro è sempre stato lo stesso, è solo la prospettiva con cui il soggetto lo ha visto che è cambiata.

Per vivere una vita sentimentale ed affettiva appagante è necessario essere realistici sulle aspettative che si nutrono nei confronti dell’altro. Il partner ideale non esiste, esistono solo persone con cui condividiamo maggiori interessi e con cui entriamo più facilmente in empatia. Chi ambisce a un partner bellissimo, famoso e di successo, sta solo proiettando all’esterno aspetti mai raggiunti del proprio Ideale dell’Io. Se anche costui dovesse incontrare una persona siffatta, la svalutazione entrerebbe in scena molto rapidamente perché la perfezione è solo divina, mai umana, e la realtà del quotidiano inevitabilmente paleserebbe i difetti e le carenze dell’altro.

Chi invece considera il partner ideale come la persona che la fa sentire compresa, accolta, considerata e amata, è sulla strada giusta per affrontare la fase evolutiva della relazione in cui l’intenso coinvolgimento iniziale del rapporto finirà. Il partner, scelto in base ai requisiti di capacità di comprensione e di ascolto, rappresenterà sempre quel compagno con cui condividere complicità, sintonia e affinità.